Ambrogio Ballini (1879-1950) compì gli studi di sanscrito a Bologna e pertanto si usa ricordarlo allievo di Carlo Formichi, che tuttavia ebbe occasione di insegnare presso l’Alma Mater per un solo accademico. Ad avviare agli studi indologici Ballini fu quindi senz’altro Francesco Lorenzo Pullé, che lo ebbe tra i suoi alunni, dopo Ferdinando Belloni Filippi e prima di Luigi Suali, che certo conobbe Ballini durante gli studi accademici. Dopo la laurea, Ambrogio Ballini si recò in Germania, alla cattedra di Hermann Jacobi, meta prediletta al tempo per il perfezionamento negli studi di carattere indologico, e conseguì l’abilitazione all’insegnamento del sanscrito nel 1904, a Bologna. Dopo un breve periodo passato a Roma, durante il quale fu segretario della Scuola orientale di facoltà, nel 1913 ricevette l’incarico di professore ordinario a Padova, incarico svolto per circa vent’anni da Francesco Lorenzo Pullé. Ballini nel 1924 si trasferì a Milano, dove insegnò presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ma nel 1941 tornò a Roma, come successore di Carlo Formichi sulla cattedra di sanscrito, e vi rimase fino al pensionamento, nel 1949. Nelle sue opere, varie per tematiche e genere, si distingue una fase iniziale legata agli studi sul jainismo, caratteristica tipica all’epoca degli allievi di Jacobi. Ebbe occasione di misurarsi con importanti testi della tradizione indiana e le sue interpretazioni furono pubblicate in Italia in India. Nella fase più matura della carriera Ballini si dedicò a opere di sintesi generale su aspetti storico-linguistici e religiosi riguardanti l’India in modo lucido e attento.