Canakyam
Emilio Bartoli dedica questa graziosa edizione intitolata Canakyam al glottologo Fausto Gherardo Fumi e spiega nell’introduzione l’origine del suo interesse riguardo al testo, mutuato dall’opera di Emilio Teza, il quale, tuttavia, rispetto al testo pubblicato da Bartoli mancò di far seguire un esame completo delle varie versioni del codice che si conservavano in Italia dopo un primo interessamento, peraltro non approfondito quanto quello dimostrato dall’autore della presente edizione. Oltre al manoscritto studiato da Teza e conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, infatti, Bartoli utilizza per rendere la sua versione critica della translitterazione del testo altri due manoscritti, rispettivamente depositati nella Biblioteca Vaticana e nella Biblioteca Nazionale di Napoli. In proposito, scrive Bartoli: «Questo ms. della Nazionale di Napoli, che giace sperso e senza alcun confratello indiano tra i manoscritti orientali, è identico a quello della Vaticana; ma, come ho osservato, è più corretto e deve essere stato ricopiato da un pandita, come appare dai caratteri devanagarici sempre chiari e nitidi. A differenza però del ms. della Vatican manca il verso di chiusa del copista». La lunga introduzione di Bartoli alla tranlitterazione critica del Canakyam ripercorre anche le edizioni non italiane del testo e rivela una conoscenza approfondita del panorama degli studi europei di indologia della sua epoca.
Achille Cimmaruta – Tipografia della R.
Università
Napoli (1911)