Agadadatta (seconda parte)
Ambrogio Ballini propone la traduzione letterale della novella jaina Agadadatta o Agaladatta, già proposta in due distinte versioni redatte in lingua tedesca da Hermann Jacobi, che l’autore italiano definisce «mio Maestro», come lo sarebbe stato di Luigi Suali qualche anno dopo e, ancor prima lo era stato di Paolo Emilio Pavolini e Francesco Lorenzo Pullè, che introdusse Ballini e Suali allo studio del sanscrito a Bologna. Si nota qui come la scuola indologica italiana fiorita al principio del Novecento, di cui Ballini e Suali furono appunto due dei più brillanti esponenti, deve la sua impostazione e anche le scelte riguardo ai testi da proporre al pubblico ai maestri tedeschi, piuttosto che a un’originale interpretazione della letteratura classica indiana. Ballini propone conseguentemente le due versioni della novella, dette Xa e X, in cui il protagonista appare rispettivamente nominato Agaladatta e Agadadatta con l’auspicio indicato nella premessa: «offriamo intanto al pubblico studioso (e vorremmo anche al profano!) la nostra traduzione letterale, che è la prima che venga data in luce, sperando giudizio indulgente verso chi espone i primi frutti del suo studio in un dialetto, la cui importanza è tanto grande, quanto incerta ne è troppo spesso l’esegesi».
Società Tipografica Fiorentina
Firenze (1903)